I nuovi Vinili - SCALEX SANREMO

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I nuovi Vinili

Musica
In questa pagina, i miei ultimi acquisti o gli album arrivati sul mio giradischi Teksonor Mt101 da ascoltare e recensire...

A rotazione dedichiamo spazio gli ultimi 7:
Il vinile verde per l'edizione Amazon di Hackney Diamonds
TRACKLIST
01. Angry (03:46)
02. Get Close (04:10)
03. Depending On You (04:03)
04. Bite My Head Off (feat. Paul McCartney) (03:31)
05. Whole Wide World (03:58)
06. Dreamy Skies (04:38)
07. Mess It Up (04:03)
08. Live By The Sword (feat. Elton John) (03:59)
09. Driving Me Too Hard (03:16)
10. Tell Me Straight (02:56)
11. Sweet Sounds Of Heaven (feat. Lady Gaga & Stevie Wonder) (07:22)
12. Rolling Stone Blues (02:41)

ROLLING STONES : "Hackney Diamonds":

Ho letto diverse recensioni del disco sulla stampa specializzata: molte entusiastiche a prescindere, altre che hanno riguardato la sfera più sociale che musicale. Mi spiego,  gli Stones hanno 80 anni suonati che senso secondo loro un nuovo disco per una Band che ha già detto tutto e fatto la storia universale del Rock ? Molti si sono concentrati sul mero aspetto commerciale dell'operazione, che è innegabile c'è e di certo non lo sarebbe se gli Stones come poche altre band universali,  non attirassero i quattrini che fanno muovere il music-business. Puliamo il tutto dagli stereotipi ed ascoltiamo questo "Hackney Diamonds".
A me nel complesso è piaciuto, non entrerà nel podio della loro produzione, ma l'ho trovato un album decisamente onesto che mischia aspetti diversi della loro favolosa carriera. La produzione affidata a Andrew Watt mi è piaciuta molto, un sound pulito, diretto ed energico dove secondo me da il meglio in quelle canzoni spiccatamente più pop che rock, che rimandano ai R.S degli anni '90 : "Whole Wide World" e "Mess it up" su tutte.
Il singolo apripista "Angry" a parte il bel video con l'attrice Sydney Sweeney, è forse uno degli episodi meno riusciti dell'album dove Mick Jagger gigioneggia con la sua voce ed i tre minuti sembrano una caricatura di loro stessi. "Hackney Diamonds" è anche il primo lavoro dopo la morte dello storico batterista Charlie Watts, il sostituto Steve Jordan imprime una batteria più presente e francamente piacevole per come strutturata.
In "Dreamy Skies" si entra nella macchina del tempo, sembra una canzone del loro periodo blues a cavallo dei seventies, così come per il finale di "Rolling Stones Blues" il rimando al loro ultimo lavoro di covers è più che evidente.  Pre finale con "Sweet Sounds of Heaven" con Lady Gaga e Stewie Wonder, 7 minuti di goduria blues ai massimi. C'è spazio per la voce roca di Keith Richards che prende il microfono a M,Jagger in "Tell me straight".  Alla fine ce ne fossero di album così in giro, questi ad 80 anni fanno impallidire pseudo bande rock dell'ultima generazione, una italiana in particolare ad esempio.
Passo alla cassa e nel dubbio di quale colore del vinile comprare, mi porto a casa questo forse ultimo inedito dei Rolling Stones.


 RECOIL   : "Unsounds methods”

In attesa di materiale nuovo, si vocifera in produzione chissà mai se, se ne vedrà la luce,  la Mute insieme a Sony va a rispolverare il catalogo Recoil uscendo con 3 dei lavori di Alan Wilder immenso artefice dei successi dei Depeche Mode. Per chi è fans della band di Basildon sa quanto l'apporto di Alan sia stato essenziale per la crescita e per lo sviluppo armonico della musica scritta da Martin Gore. E più i Depeche Mode producono materiale nuovo e più si sente la mancanza di una mano produttiva com'è stata quella di questo piccolo genio dell'eletronica. E più i Depeche Mode vanno in tour con la medesima scaletta fatta di "Greatest Hits" da decenni, più viene rimarcata con le canzoni che senza quest'uomo anche con il miglior produttore al mondo, di strada se ne fa poca.
Veniamo a questo doppio vinile, "Unsounds Methods" nasce poco dopo l'abbandono di Alan dalla Band, esausto dell'Exotic-tour meglio definito come il Tossic-Tour visto gli strascichi che portò, non vide alcune speranza futura  per i DM.
Si mise a recuperare tutto il materiale prodotto per "Songs of Faith" ed in parte "Violator" e si chiuse in studio per un anno e mezzo e stravolgere completamente suoni ed armonie per darci un lavoro di pura elettronica difficile ai più ma di una raffinatezza e bellezza esclusiva. Tutta la produzione di Recoil è quanto più lontano possibile dalla musica commerciale, è ricerca, sviluppo, voglia di esplorare terreni vergini e Wilder con questo progetto è riuscito in pieno nell'intento. Non troverete alcuna canzone nel gergo tecnico e commerciale, ma se paragoniamo la sua produzione artistica con la stessa che Martin Gore fa con i suoi sinth (vedi Third Chimpanzee) si capisce perchè i Depeche Mode non riescano a produrre un album non con una dozzina ma con almeno 7/8 canzoni di buona fattura.  Può piacere, non piacere, non è facile certo, ma siamo al cospetto di un genio non adeguatamente riconosciuto.
ANNALISA : "E poi siamo finiti nel vortice".

Mi hanno inviato il file FLAC di “E poi siamo finiti nel vortice” ultimo disco di Annalisa dopo quanto ho scritto sulle recensioni di Amazon del precedente “NUDA”
Mettendo da parte il fatto che per me è artisticamente triste a 38 anni suonati cantare delle canzoncine simili, ma al tempo stesso mi rendo conto che mentre le registra con la sua bella vocina penserà all’incredibile successo che sta avendo ad ogni uscita, pertanto mette a tacere tutti quanti e continui pure su questo solco di successi in successi.
Superato questo definiamolo ostacolo, l’album è carino come lo sono stati tanti album degli anni ‘80 dove la nostra Annalisa attinge a piene mani e sopperisce con la melodia e la sua bella voce a testi che non devono salvare il mondo e soprattutto ad arrangiamenti delle canzoni inesistenti.
Sentendo “E poi siamo finiti nel vortice” il ricordo è andato dritto al “Future Nostalgia” di Dua Lipa, ma mentre nell’album dell’artista straniera la ricerca sonora ed i reminder a loop di canzoni anni ‘80 ci sono ben costruiti e presenti, la sola bass line e la drum machine impostata sul “tunz.tunz” anni ‘80 non supera la sufficienza nella pochezza musicale di queste simpatiche melodie senza l’ausilio di uno strumento musicale per tutti i 35 minuti dell’album. Dura poco, non fa male...
Benissimo da ascoltare in auto o con il walkman,,,, visto che si parla di anni ‘80 !  
 Diana Krall - "Turn up the quiet":

Album del 2017 è l'ultimo in ordine di tempo della produzione della cantante canadese: con il nuovo album Diana Krall torna al repertorio a lei più congeniale prelevando a piene mani dal grande canzoniere americano. “Turn up the quiet” segna anche il ritorno della produzione di Tommy Li Puma (scomparso prima dell’uscita del disco), che aveva già curato alcuni album di successo della pianista .
Gli undici brani del disco sono suonati in trio, quartetto o quintetto, a volte con l’aggiunta degli archi, ma sempre con una veste raffinata ed elegante. La Krall ci tiene a mantenere per tutto il disco un’atmosfera intima e romantica a -  partire dal primo brano “Like someone in love” - grazie alla sua voce sussurrata e sensuale e al suo fraseggio ormai celebre. Ai brani arcinoti come “Night and day” , “L-O-V-E” e “Isn’t it romantic” si alternano pezzi meno conosciuti come “I’m confessin’ that I love you”, “Moonglow” e “No moon at all”. I musicisti che accompagnano la Krall - dal double bass Christian McBride ai suoi usuali collaboratori, tra cui Russel Malone  alla chitarra e Anthony Wilson alla batteria - sono straordinari ma non prevalgono mai sulla loro leader, mantenendo piano e voce sempre centrali. Il disco si conclude con la dolcissima “I’ll see you in my dreams” , in cui il solo del violinista Stuart Duncan impreziosisce un disco perfetto per una cena a lume di candela, perché Diana Krall – sebbene considerata un po’ stucchevole dai puristi del jazz - è sempre garanzia di classe ed eleganza.

 
LANA DEL REY   : "Did you know that there's a tunnel...”

Solo la curiosità mi ha fatto avvicinare a questo nuovo lavoro di Lana Del Ray, leggendo le recensioni del suo unico concerto in Italia del 3 luglio.
Avevo già avuto per le mani un altro album, quello del 2014 "UltraViolence", dopo quasi 10 anni ho voluto riprovare... anche perchè la cantante statunitense in questa dozzina di anni di attività ha sfornato qualcosa come 9 album. Un ritmo assolutamente inedito per gli standard moderni.
Avrà qualcosa da dire ?
Probabilmente si... amo tanti generi musicali, ma io questa Lana Del Rey proprio non la capisco.
Canta sempre nello stesso modo, osannata da molti, ma non capisco in cosa. Una voce trascinata, mai un sussulto, un'apatia canora imbarazzante, una musica che sembrano degli arpeggi stanchi sui tasti....
Un album che si fa fatica ad arrivare al termine e quando ci si arriva è un certo sollievo. Immagino al concerto, adatto per dei sonnambuli....
Le cose migliori gli interlude.
Detto tuto, passo e chiudo.
 Everything but the Girl : “Fuse”
 
Ci sono voluti “solo” 24 anni per ritornare a vedere su una copertina il nome degli Everything but the girl. Ben Watt e Tracey Thorne il duo unito anche nella vita, in questi anni non è rimasto con le mani in mano, hanno lavorato separatamente fra produzioni musicali, libri, D.J. session e dischi come nel caso dell’ottimo “Record” della Thorne.
“Fuse” è il titolo del nuovo lavoro, atteso da molti che come me gli ha apprezzati da metà anni '80 con il tocco melodico a tratti malinconico che li contraddistingueva ; questo "Fuse"  sembra avere però un trait-d'union con  le sonorità ascoltate nel precedente “Temperamental”  di quasi un  quarto di secolo fa, ma sempre il loro ultimo.
Album composto, prodotto e suonato interamente dagli Everything but the Girl nel loro home studio, dove le parole hanno sempre un certo peso e dove il sound dall’House dei tempi di “Missing” passa ad un più scarno Uk-Garage al drum & bass e varie sottospecie affini. Se ricercate le sonorità alla Style Council, rimarrete delusi, hanno però ritrovato quel sapore un po' malinconico e poi… la voce della sessantenne Tracey Thorne è ancora una volta qualcosa di sublime. E’ e rimane una delle più belle voci femminili in circolazione. Probabilmente sarà un album di nicchia, lontano dai clamori mainstream, meglio così mi viene da dire, Ben Watt l’ha prodotto con la consueta metodica precisione negli arrangiamenti, ma a fine ascolti da questo “Fuse” mi aspettavo qualcosa di più. Non tutte le tracce colpiscono, quelle dance rimandano troppo ai primi duemila e sembra che il tempo si sia cristallizzato, le cose migliori arrivano dalle scarne ballad che mettono in evidenza la voce, una fra tutte "When You miss Up"-
Rimane un buon disco, ma dopo così tanti anni mi sarei aspettato almeno un paio di canzoni sbalorditive; i dieci brani di “Fuse” si ascoltano con piacere, ma non mi hanno prodotto alcun picco emozionale, passano gli ascolti ma permane la sensazione di una grossa occasione mancata per chiudere il libro degli EBTG:
Depeche Mode: "Memento Mori"
Quanto sia legato alla musica dei DM è cosa risaputa, è altrettanto vero che quando negli album scorsi ci sono state delle battute a vuoto, non ho lesinato commenti alquanto duri. Questa volta con "Memento Mori" devo condividere quanto scritto dalla critica mondiale, che a più riprese li sta osannando: i due ormai sessantenni hanno confezionato un album di assoluto valore.  Memento Mori lascia da parte i riff in loop delle chitarrine che un po' (un bel po') avevano stancato (anche se presenti nella title track "Ghosts Again"), messo da parte le voci con effetti al citofono, stridii vari e sopratutto l'electronic-blues per dare pieno respiro ad una nuda e cruda elettronica. Si dice che parte del merito vada al team che gli ha supportati nel lavoro di registrazione, James Ford alla produzione e sopratutto l'italianissima Marta Salogni che è riuscita ad incanalare a perfezione il mood dei DM che si era un po' perso nei precedenti lavori.

In "M.M" non ho trovato dei capolavori assoluti ma è un album che ha un suo percorso lineare con dei bellissimi episodi fra cui cito "Don't you love me", "Soul with me" (cantata da Martin Gore), "Always you" e "Speak to me" in ordine di tracklist, anche perchè con i continui ascolti le posizioni potranno invertirsi, Un album che dopo decenni, la stampa dice il migliore dall'inizio del 2000, è riuscito a regalarmi dei brividi e punti di commozione che francamente non mi aspettavo più ed è stata una gratificante sorpresa.  Da DModiano della prima ora, non è tutto oro quello che luccica, vi sono alcuni brani che non ho trovato memorabili "Wagging tongue" su tutte che rischia di essere il secondo singolo fra l'altro, ma francamente dopo gli album "Sotu", "Delta Machine" & "Spirit" questo quindicesimo è veramente una boccata d'ossigeno nella loro produzione musicale.  Sicuramente non entra al primo ascolto dritto nel cuore, ha bisogno di essere metabolizzato ed in alcuni casi sedimentato, proprio come un buon vino, sarà il tempo a dirci se si è trattato di un'ottima annata. Il raccolto per ora, promette bene.
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